La crisi greca e il condominio Europa

In queste ore si decide il salvataggio della Grecia, ormai incapace di ripagare l'indebitamento accumulato negli anni scorsi e maldestramente occultato per riuscire ad entrare a far parte del club della moneta unica. La crisi greca e il suo svolgimento assomigliano molto alle dinamiche di un condominio,  un condominio però sui generis: manca infatti l'amministratore. I condomini - grandi e importanti come Francia e Germania o piccoli come Irlanda e Grecia - hanno deciso di avere una moneta comune (l'euro) e di darsi alcune regole comuni per farlo funzionare: niente debiti pubblici eccessivi, un rapporto deficit/PIL non superiore al 3%. In pratica, il condominio Europa funziona se funziona l'euro, e l'euro funziona solo se chi lo usa ha i conti pubblici in ordine. Purtroppo, tutte le imprese basate sulla buona volontà dei partecipanti prima o poi si scontrano su un fatto: la buona volontà, specie quando nessuno controlla, non è eterna. E quando finisce, mette a grave rischio l'impresa stessa. Abituati a considerare negli ultimi anni l'euro lo scudo e l'arma dell'Unione europea, ci troviamo oggi a constatare che la nostra moneta unica ha bisogno di regole e meccanismi istituzionali ben più forti ed efficaci di quelli esistenti. Questo potrebbe salvarci dalla prossima crisi, ma non basterebbe. L'impresa dell'euro e tutto il condominio Europa sono basati su un principio di funzionamento che è anche un obiettivo: la crescita economica. Senza questa è illusorio baloccarsi con una moneta forte e stabile. Il ruolo dell'euro come moneta stabile e scudo contro le fluttuazioni delle materie prime e dell'energia lo abbiamo sperimentato. Ma l'euro non può difenderci dalla povertà. Senza una crescita economica reale nessuno Stato, macroregione o città europea può pensare di tirarsi fuori dalle cattive acque. Tutta l'Europa, anche quella con i conti in ordine, cresce poco o lo fa occupando lo spazio economico dei vicini (la Grecia non riesce fondamentalmente a ripagare il debito estero che ha  con Francia e Germania). Ora come ora, la crisi greca riflette questioni di organizzazione economica europea ben più grandi e intricate fra loro: l'euro è un buono scudo, ma è incapace di stimolare la crescita economica alle attuali condizioni; la stabilità dell'euro privilegia e avvantaggia soprattutto il modello economico tedesco (tanta esportazione e poco consumo interno); il fallimento delle politiche europee di rilancio e crescita economica (strategia di Lisbona). In pratica, una volta salvata la Grecia, bisogna decidere come stare tutti insieme in questo condominio e renderlo possibilmente migliore per chi ci abita. Le strade non sembrano molte: o si segue la convergenza economica col modello tedesco o si cerca una nuova sintesi. Oggi chi non sta al passo economico con la Germania ha una sola strada possibile per rimanere competitivo e raggiungere il benessere, specie se è un paese piccolo: abbassare le tasse alle imprese  e rendere il lavoro molto flessibile (Irlanda), col rischio di innescare un dumping sociale fra i condomini. L'alternativa è stare alle regole di Maastricht e accontentarsi di un benessere minore, ancorati alla locomotiva tedesca. Oppure si rimette tutto in gioco e non si lascia più all'euro e al dogma della sua stabilità il compito di tenerci uniti. In altri termini, alla politica monetaria si affiancano anche altre politiche (fiscali, di redistribuzione, eccetera). Così, attraverso l'introduzione di politiche europee sui servizi, sulle tasse e sulla politica di sviluppo regionale il condominio Europa potrà avere più spazio di manovra per affrontare decrescita e crisi finanziarie. E l'amministratore unico? Quello non lo vedremo ancora per un po', credo.
Ultimo aggiornamento: Mer, 18/01/2017 - 09:38